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Labirinti | |||||
"Un labirinto è una cosa fatta apposta per confondere gli uomini" Jorge Luis Borges
All'origine del nome c'è il termine greco "Labrys", che indicava un'ascia doppia (o bipenne) e, di conseguenza, l'invito a scegliere quale delle due lame usare, a quale dei due lati ricorrere, e quindi, per il nostro caso, quale via imboccare. La parte finale della parola, "into", deriva secondo altri autori dal suffisso greco "inda", usato per attribuire al vocabolo valenza di "gioco", per lo più destinato ai bambini. Nella lingua inglese esistono due differenti parole per indicare lo stesso oggetto: "labyrinth" fa riferimento al mito e al rito; mentre "maze" (che può derivare dal celtico "maes" cioè "campo") è più attinente all'enigma, al problema che attende una soluzione. Non a caso alcuni autori collegano "maze" ad "amazement" cioè sorpresa, meraviglia, stupore.
Il primo labirinto della cultura occidentale è senz'altro quello dell'Isola di Cnosso, con la storia del mostro Minotauro, dell'eroe Teseo e della fantastica Arianna che, con il colpo di genio del filo, riporta indietro sano e salvo il suo uomo. E' da questa mitica storia che derivano nomi e significati rimasti attuali nei secoli. Dedalo, ad esempio. Nel racconto è lui il costruttore del labirinto. E "dedalo" è ancora oggi la parola che significa intrico di strade e sentieri, labirinto appunto, in cui è facile perdere l'orientamento. Quello di Cnosso, comunque, non è quello che oggi è inteso come labirinto, ma solo un lungo corridoio, una sorta di percorso iniziatico privo tuttavia di quelle deviazioni, derivazioni e distrazioni che fanno del labirinto vero e proprio, anziché un tragitto evolutivo, un luogo di smarrimento. Nella sua vera e moderna accezione il labirinto nasce quando il percorso da compiere comincia a scomporsi in tante strade, nel suo dividersi e ridividersi in tante opportunità e scelte, proprio come la vita; quando sorge il primo bivio che pone due alternative possibili e quindi aggiunge ai contorni simbolici anche quelli dell'enigma, del problema topologico, del gioco.
Negli schemi sono esemplificate le due differenti strutture topologiche del labirinto. Nel primo per raggiungere l'uscita da qualsiasi punto basta procedere seguendo con costanza la parete alla destra. Il percorso può essere breve o lungo ma si giunge comunque alla meta.
Nel secondo il sistema indicato sopra non funziona poiché si può rischiare di procedere all'infinito in un circolo vizioso. A ogni bivio è quindi necessario lasciare un segno del proprio passaggio. Nel caso si torni nello stesso punto, occorrerà prendere un'altra via.
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