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Samuel Beckett |
Questa volta lo so dove vado. Non è più la notte di
una volta, di poco tempo fa. Adesso è un gioco, mi metterò a giocare.
Sino ad oggi non ho saputo farlo. Mi sarebbe piaciuto, ma sapevo che era
impossibile. E spesso, ho anche cercato di farlo. Accendevo dappertutto,
mi guardavo bene intorno, mi mettevo a giocare con quello che vedevo. Le
persone e le cose non chiedono che di giocare, certi animali
anche. Si cominciava sempre bene, aderivano al mio richiamo,
contenti che si volesse giocare con loro. Se dicevo, Adesso mi occorre un
gobbo, subito ne giungeva uno, fiero della sua bella gobba, che si
disponeva a fare la sua parte. Non gli veniva in mente che avrei potuto
chiedergli di spogliarsi. Ma non tardai a trovarmi solo, senza luce. Ed è
per questo che ho rinunciato a voler giocare ed ho fatto per sempre miei
l’informe e l’inarticolato, le ipotesi subito paghe, l’oscurità, la
lunga passeggiata a tentoni, il nascondiglio. Questa è la serietà dalla
quale da quasi un secolo non mi sono per così dire mai allontanato.
Adesso le cose cambieranno, non voglio più fare altro che giocare. No,
non debbo cominciare con un’esagerazione. Ma d’ora in poi giocherò
per gran parte del tempo, la maggior parte, se posso. Ma forse non riuscirò
meglio di una volta. Forse mi troverò abbandonato come una volta, senza
giocattoli, senza luce. E allora giocherò da solo, farò come se mi
vedessi. L’aver potuto concepire un tal proposito m’incoraggia.
da Malone muore, 1952, Malone meurt, traduzione di Giacomo Falco |
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