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Introduzione
Il Go ha origine in Cina, dove è giocato da almeno 2500 anni; è molto popolare in Asia orientale, ma si è diffuso nel resto del mondo negli anni recenti. È noto come wéiqí in cinese, igo o go in giapponese, baduk o patuk in coreano, c vây in vietnamita). Il nome cinese, weiqi o wei-ch'i, deriva da wei, "accerchiare", e qi, "pedina".
Il Go è giocato da due giocatori che collocano alternativamente pedine (dette pietre) nere e bianche sulle intersezioni vuote di un tavoliere detto goban dotato di una griglia 19×19. Lo scopo del gioco è il controllo di una zona del goban maggiore di quella controllata dall'avversario; a questo scopo i giocatori cercano di disporre le proprie pietre in modo che non possano essere catturate, ritagliandosi allo stesso tempo dei territori che l'avversario non possa invadere senza essere catturato. È infatti possibile catturare una pietra o un gruppo di pietre avversarie circondandole completamente con pietre proprie, in modo che non abbiano intersezioni libere adiacenti. Disporre le pietre vicine tra loro permette di rafforzarle a vicenda ed evitarne la cattura; d'altro canto, disporle distanti tra loro permette di creare influenza su tutto il goban. Parte della difficoltà strategica del gioco consiste nel trovare un equilibrio tra queste necessità opposte. I giocatori cercano di soddisfare contemporaneamente le esigenze offensive e difensive e scelgono tra le priorità tattiche e i loro piani strategici. Il gioco termina quando i giocatori passano consecutivamente, indicando che nessuno dei due può incrementare il proprio territorio o diminuire quello dell'avversario.
A parte la dimensione del goban e delle posizioni di partenza, le regole sono state mantenute nei secoli, cosicché può essere considerato il gioco più antico ancora giocato.
Alcune leggende fanno risalire il gioco al leggendario imperatore cinese Yao (2337–2258 a.C.), che lo fa inventare dal suo consigliere Shun allo scopo di insegnare al figlio Danzhu la disciplina, la concentrazione e l'equilibrio. Altre teorie vogliono il Go derivato dall'abitudine dei signori della guerra e generali tribali cinesi di usare pezzi in pietra per pianificare gli attacchi; è anche possibile che il materiale del gioco del Go venga inizialmente utilizzato per predire il futuro.
La prima testimonianza scritta del gioco è ritenuta quella presente negli annali intitolati Zuo Zhuan, risalenti probabilmente al IV secolo a.C., in cui è riferito un evento del 548 a.C. Esistono menzioni del gioco anche nel libro XVII dei Dialoghi di Confucio, risalente al III secolo a.C. circa, e in due dei libri di Mencio (III secolo a.C.). In tutti questi casi il gioco è chiamato , una parola che oggi significa "giocare (a Go)". Il primo trattato completo sul Go viene scritto tra il 1049 e il 1054 col titolo di Qijing Shisanpian, ("Classico del Weiqi in tredici capitoli").
Inizialmente il gioco viene giocato su di una griglia 17 × 17, ma la griglia 19 × 19 diviene quella più comune all'epoca della dinastia Tang (618-907).
In Cina il Go viene inizialmente considerato il gioco dell'aristocrazia, mentre lo XiangQi (scacchi cinesi) è il gioco del popolo. Il Go è anche considerato una della quattro arti dello junzi (il gentiluomo cinese), assieme alla calligrafia, alla pittura e a suonare lo guqin.
Forse il Go raggiunge la Corea nel V secolo, ma esistono prove della sua diffusione solo a partire dal VII secolo. Nel frattempo il gioco raggiunge anche il Giappone, dove nell'VIII secolo è molto popolare alla corte imperiale; entro l'inizio del XIII secolo è diffuso anche tra il popolo.
Malgrado la sua ampia popolarità in Asia orientale, il Go si diffonde lentamente nel resto del mondo, a differenza di altri giochi di origine asiatica come gli Scacchi. La prima descrizione dettagliata del Go in una lingua occidentale è contenuta nel De circumveniendi ludo Chinensium ("Del gioco dei Cinesi dell'accerchiamento"), scritto in latino da Thomas Hyde e incluso nel suo trattato sui giochi da tavolo del 1694 De ludis orientalibus ("Dei giochi orientali"). Malgrado ciò, la diffusione in Occidente del Go inizia verso la fine del XIX secolo, quando lo scienziato tedesco Oskar Korschelt scrive un trattato sul gioco. Nel 1905 Edward Lasker impara il gioco mentre si trova a Berlino; quando si trasferisce a New York, Lasker fonda il New York Go Club assieme, tra gli altri, ad Arthur Smith, che nel 1908 pubblica il libro The Game of Go. Il libro di Lasker Go and Go-moku del 1934 aiuta la diffusione del gioco negli Stati Uniti, cosicché nel 1935 viene fondata la American Go Association; due anni dopo, nel 1937, nasce l'Associazione Tedesca di Go.
Per gran parte del XX secolo la Federazione Goistica Giapponese, gioca un ruolo fondamentale nella diffusione del Go al di fuori dell'Asia orientale, pubblicando fin dagli anni ’60 la rivista in lingua inglese Go Review. Nel 1982 viene fondata la Federazione Internazionale di Go.
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Figura 1
Come si gioca
Il Go si gioca su un tavoliere, detto “goban”, formato da una griglia 19x19, sulle cui intersezioni, dette anche “punti”, i giocatori (il Bianco ed il Nero), a turno, collocano le proprie pedine, dette anche “pietre” (vedi figura 1). È possibile giocare anche su tavolieri più piccoli, come il 13x13 ed il 9x9, adatti ai principianti.
Inizia a giocare il Nero. Generalmente, se la forza dei giocatori è differente, al giocatore più debole vengono assegnate le pietre nere.
Due distinte intersezioni si dicono adiacenti se sono collegate da una linea orizzontale o verticale e non vi sono altre intersezioni fra loro. Due pietre si dicono adiacenti se si trovano su intersezioni adiacenti. Allo stesso modo, una pietra e una intersezione sono adiacenti, se la pietra occupa una intersezione adiacente a tale intersezione.
In figura 2 le pietre bianche in alto a sinistra sono adiacenti, e lo sono anche quelle in alto a destra. Le due pietre nere in basso a sinistra non sono adiacenti (perché c’è una intersezione fra loro) e non lo sono neanche quelle in basso a destra.
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Figura 2
Due o più pietre dello stesso colore (o anche due o più intersezioni) sono dette “collegate” quando è possibile tracciare un percorso dall’una all’altra passando solo attraverso intersezioni adiacenti dello stesso stato (vuote, occupate dal Bianco, occupate dal Nero). Due o più pietre collegate sono dette “gruppo” o “catena”. Teoricamente anche una singola pietra potrebbe essere definita “gruppo”.
In figura 3 vediamo un gruppo di sette pietre bianche (in alto a sinistra) due gruppi bianchi in basso a destra (composti ciascuno da due pietre), due gruppi neri (composti rispettivamente da una e da quattro pietre).
In una data posizione si dice “libertà” di una pietra una intersezione vuota adiacente a quella pietra o adiacente a una pietra che è collegata a quella pietra. Poiché due o più pietre appartenenti allo stesso gruppo hanno le stesse libertà, possiamo parlare di “libertà di un gruppo (o di una catena)”.
In figura 4 la pietra 1 ha quattro libertà (A. B, C, D), la pietra 2 ha due libertà (E, F), la pietra 3 ha tre libertà (G, H, I), il gruppo 4 ha otto libertà (J, K, L, M, N, O, P, Q), il gruppo 5 ha otto libertà (R, S, T, U, V, W, X, Y).
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Figura 3
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Figura 4
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Figura 5
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Figura 6
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Figura 7
All’inizio della partita il tavoliere è vuoto. Al proprio turno il giocatore deve effettuare una delle seguenti scelte: a) collocare una nuova pietra del proprio colore su una intersezione vuota del tavoliere (salvo le restrizioni successivamente descritte) e rimuovere/catturare tutte le pietre che non hanno alcuna libertà; b) passare (non effettuare alcuna azione).
Una volta che una pietra è stata giocata, rimane sul tabellone nella stessa posizione, fino alla fine della partita o fino a quando non viene catturata.
In figura 5 vediamo alcuni esempi di cattura. I gruppi bianchi hanno tutti una sola libertà (A, B, C, D). Giocando in questi punti il Nero può catturare le pietre bianche. Quando un gruppo ha una sola libertà si dice che è in “atari”. L’esito delle catture è raffigurato in figura 6. Le pietre vengono rimosse dal tavoliere e trattenute dal giocatore che Le ha catturate: verranno aggiunte al punteggio a fine partita.
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Figura 8
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Figura 9
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Figura 10
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Figura 11
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Figura 12
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Figura 13
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Figura 14
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Figura 15
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Figura 16
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Figura 17
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Figura 18
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Figura 19
In figura 7 vediamo altre due situazioni di cattura. Nella situazione in basso a sinistra il Nero può giocare in A e catturare i gruppi 1, 2 e 3 del Bianco. In alto a destra il Nero può muovere in B e catturare le due pietre bianche; successivamente però il Bianco potrà muovere in C e catturare immediatamente la pietra nera d’angolo.
Non è ammesso il “suicidio”: è cioè vietato giocare una pietra in modo da togliere l’ultima libertà alla pietra stessa o ad un gruppo di pietre del proprio colore, a meno che con la mossa stessa non si catturino pietre avversarie creandosi così delle libertà.
In figura 8 il Bianco non può giocare in A (perché la pietra non avrebbe alcuna libertà e dovrebbe essere immediatamente catturata); nella situazione in basso, invece, il Bianco può giocare in B, perché in questo modo toglie l’ultima libertà al gruppo di tre pietre nere, catturandolo. L’esito della mossa in B è illustrato in figura 9.
In figura 10 il Bianco può muovere in A catturando il gruppo di quattro pietre nere ed il Nero può muovere in B catturando il gruppo di tre pietre bianche. L'esito di queste catture è illustrato in figura 11.
È vietato effettuare una mossa, che al termine delle eventuali catture, riproduca una posizione già venutasi a creare in precedenza nel corso dell’intera partita. Per la “regola del ko” è conseguentemente vietato ricreare la posizione verificatasi nella mossa immediatamente precedente.
In figura 12 il Nero può giocare in A catturando una pietra bianca e creando la situazione riprodotta in basso. Al Bianco è vietato giocare immediatamente in B, catturando la pietra nera, perchè tale mossa ricreerebbe la posizione precedente. La regola del ko (che in giapponese significa “eternità”) serve ad evitare che la partita continui così all’infinito. Prima di giocare in B il Bianco dovrà così giocare altrove e solo successivamente giocare in B (sempre che il Nero non vi abbia giocato nel frattempo per proteggere la propria pedina).
Si dice che un gruppo è “vivo” quando è formato da pietre che non possono essere catturate in alcun modo.
In figura 13 il gruppo nero in basso ha due libertà (A e B), che il Bianco non può occupare (perchè il “suicidio” non è ammesso). Le due intersezioni si dicono “occhi”; i gruppi con due occhi sono sempre “vivi”. Nello stesso diagramma le pietre nere contrassegnate dai numeri 1, 2 e 3 sono “morte”: si tratta di pietre che non possono evitare in alcun modo la cattura. Le pietre morte sono ritirate solo al termine della partita.
In alcuni casi rari si possono considerare “vivi” anche gruppi con meno di due occhi: tale situazione, detta “seki”, si verifica quando due gruppi avversari contigui sono circondati da pietre avversarie in modo che condividano le stesse libertà. In questo caso si hanno situazioni in cui, se uno qualsiasi dei giocatori giocasse nello spazio libero, il suo avversario ne catturerebbe il gruppo. In queste situazioni lo “stallo” si mantiene normalmente fino al termine della partita e le libertà condivise non vengono contate come punti da nessuno dei giocatori.
Alcuni esempi di seki sono illustrati nelle figure 14 e 15: nessuno dei giocatori può giocare nei punti A, B, C, D, E perché metterebbe in “atari” il proprio gruppo di pietre.
La partita ha termine quando entrambi i giocatori hanno passato consecutivamente. La posizione finale è quella presente sul tavoliere in quel momento. Un giocatore dovrebbe passare solo quando i confini tra i territori sono ben definiti. In caso di dubbio è meglio continuare a giocare.
Un territorio è un insieme di intersezioni libere circondate da pietre dello stesso colore. Si può dire che una intersezione vuota appartiene al territorio di un giocatore se tutte le pietre adiacenti ad una intersezione vuota ad essa collegata sono del colore di quel giocatore. Una intersezione non può mai appartenere a territori di entrambi i giocatori. Può però accadere che una intersezione vuota non appartenga al territorio di alcun giocatore: in tal caso la si definisce “neutrale”.
Una volta terminata la partita, si riempiono tutte le intersezioni neutrali ai confini dei territori; poi tutte le pietre morte sono rimosse e aggiunte alle pietre catturate; infine, si contano i punti territorio: ogni giocatore riceve un punto per ogni intersezione vuota all’interno del suo territorio. Ogni giocatore fa punti con il territorio circondato, con le pietre avversarie catturate, con le pietre “morte” rimosse a fine partita.
In figura 16 vediamo un esempio di fine partita. Entrambi i giocatori hanno passato; il Bianco ha catturato nel corso della partita due pietre avversarie ed il Nero tre. Le pietre contrassegnate da una “X” sono pietre morte, che vengono quindi rimosse dal tavoliere (vd. figura 17). Il Nero totalizza 20 punti territorio + 9 pietre morte avversarie + 3 pietre catturate nel corso della partita, per un totale di 32 punti. Il Bianco totalizza 15 punti territorio + 6 pietre morte avversarie + 2 pietre avversarie catturate nel corso della partita, per un totale di 23 punti.
Ci sono altri metodi, praticamente equivalenti, per effettuare il conteggio a fine partita. In alcuni Paesi vi sono inoltre regole particolari per la valutazione dei seki.
Per permettere a due giocatori di differente bravura di giocare una partita equilibrata si usa spesso un sistema ad handicap: il giocatore più debole, che gioca con le pietre nere, beneficia di alcune pietre aggiuntive posizionate sul tavoliere prima di cominciare la partita. Le pietre di vantaggio sono posizionate abitualmente su intersezioni determinate, dette “hoshi”, contrassegnate sul tavoliere da un puntino (vd. figura 18). Il Nero può posizionare da due a nove “pietre handicap”, a seconda del divario tra le capacità dei due giocatori; 2 pietre handicap si collocano sulle hoshi C e G, 3 pietre sulle hoshi C, G e I, 4 pietre sulle hoshi A, C, G e I, 5 pietre sulle hoshi A, C, E, G e I, 6 pietre sulle hoshi A, D, G, C, F e I, 7 pietre su tutte le hoshi eccetto le hoshi B ed H, 8 pietre su tutti le hoshi eccetto quella centrale, 9 pietre su tutte le hoshi.
Quando invece la partita si svolge tra giocatori dello stesso livello si usa normalmente il sistema dei “komi” (punti supplementari che compensano il vantaggio del giocatore che comincia per primo). Oggi si usa un punteggio komi di 5,5 punti, oppure di 6,5 o anche di 7,5. Il mezzo punto serve a garantire che non vi siano pareggi.
Per procedere alla trascrizione di una sequenza di mosse o di una intera partita è possibile riportare su un diagramma che raffigura il tavoliere l’ordine delle pedine via via messe in gioco. In figura 19 vediamo la trascrizione dell’inizio di una partita.

Le regole del gioco in pdf
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Ultimo aggiornamento: 27/03/2024
© Marino Carpignano 2002-2024
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